Coaching: scopri come le neuroscienze possono migliorarlo

Coaching e Neuroscienze: copertina

Come la comprensione delle neuroscienze può migliorarti come coach

Nel coaching sempre più coach si approcciano alle neuroscienze, vediamo il perché

Con l’avanzamento delle conoscenze neuroscientifiche, il campo del coaching si sta evolvendo. Così, sempre più coach richiedono l’accesso a queste conoscenze per aiutare i loro coachee a raggiungere i propri obiettivi.

Le neuroscienze cognitive, quindi,  rappresentano per i coach professionisti un’importante risorsa per migliorare le proprie sessioni di Coaching. Di fatti, la comprensione del funzionamento cerebrale e di come esso influisce sulla capacità di apprendimento, memoria, emozioni e comportamento permette sessioni sempre più efficaci e durature.

Cosa si intende per Neuroscienze Cognitive

Innanzitutto, possiamo inquadrare le neuroscienze cognitive come una branca della più ampia disciplina neuroscientifica. Essa studia come il cervello elabora e utilizza le informazioni, con l’obiettivo di esplorare e comprendere i processi cognitivi ed il loro relativo substrato anatomico.

Ora, nonostante la vastissima variabilità individuale, tutto ciò che elaboriamo ha come fattore comune il Cervello.

Risulta evidente, a questo punto, come un coach professionista che lavora con il “cervello” dei propri coachee possa considerare le conoscenze sulle neuroscienze come una preziosa risorsa.

Ti consiglio i seguenti testi per un primo livello di consapevolezza rispetto all’argomento:

Amy Brann, Neuroscienze per coach. Come usare le più recenti ricerche a beneficio dei tuoi clienti


Raquel Guarnieri e Paolo Baldriga, Coaching e Neuroscienze


Cosa considerare durante una sessione di coaching

Come la conoscenza delle strutture cerebrali crea valore aggiunto al Coaching

Ad un primo livello conoscitivo troviamo la comprensione del funzionamento del cervello umano, il quale è diviso in diverse aree che gestiscono diverse funzioni cognitive.

Una prima zona di interesse per la nostra pratica è l’area prefrontale (PFC). Essa, svolge un ruolo nei processi cognitivi e nella regolazione del comportamento ed è il substrato anatomico di quelle che vengono chiamate “Funzioni Esecutive”

Coaching e Neuroscienze: le Funzioni Esecutive

Un ulteriore zona di interesse è l’amigdala che può essere considerata come un mediatore centrale delle emozioni. 

Prendendo in considerazione queste due strutture, diverse evidenze scientifiche indicano, per esempio, che di fronte ad una situazione stressante, l’amigdala può prendere il sopravvento e impedirci di ragionare con chiarezza. Di conseguenza l’utilizzo delle nostre funzioni cognitive sarà carente. Questo potrebbe generare una limitazione nelle nostre sessioni sia nella fase di esplorazione e di generazione creativa che nella fase di definizione degli obiettivi.


Cosa può essere definito come “situazione stressante”

Introduciamo gli Stress(or)

Il termine inglese stressor si riferisce a stimoli di diversa natura che portano l’organismo e la psiche allo stress. Possiamo classificare gli stressor in quattro grandi categorie:

  1. Cambiamenti di vita significativi (perdita di un lavoro, lutto, matrimonio, bambini, trasferirsi, etc.)
  2. Eventi catastrofici (guerra, disastri naturali)
  3. Fastidi giornalieri (buchiamo una gomma, dimentichiamo le chiavi in casa, ci troviamo nel traffico, etc.)
  4. Stressor ambientali (smog, rumore, folla)

Coaching e Neuroscienze: Stressor ed omeostasi corporea

È importante comprendere, che può essere considerato stress tutto ciò che altera il nostro bilancio omeostatico. Così, anche la percezione che un individuo ha rispetto alle proprie capacità, influisce sulla sua capacità di raggiungere gli obiettivi, generando conseguentemente emozioni e stress. E come sappiamo le emozioni svolgono un ruolo importante nel comportamento umano e la regolazione delle stesse è cruciale per il benessere mentale e fisico.

Cosa possiamo fare quindi?

In un contesto del genere, dove le emozioni prendono il sopravvento,  il coach può lavorare con il coachee nella comprensione e gestione delle stesse. Si potrebbe, per esempio, identificare le cause sottostanti a tali attivazioni, in modo da far comprendere meglio le emozioni trovando delle strategie utili alla gestione efficace delle stesse. Una tecnica che ci può venire incontro nella regolazione delle emozioni è la Rivalutazione (Refraiming).

L’efficacia di tale tecnica è documentata in diverse evidenze sperimentali.

Ochsner (Ochsner et. al., 2004), ha dimostrato che durante una rivalutazione la corteccia prefrontale, specificatamente attraverso la sua zona definita dorsolaterale (dlPFC) modula l’attività dell’amigdala indirettamente attraverso un ulteriore zona definita ventromediale (vmPFC), permettendo una regolazione emotiva.


Altro su cui riflettere

Questo è solo uno degli esempi possibili di ragionamento basato, in questo caso, su un circuito di regolazione emotiva, tuttavia, tali forme di ragionamento possono essere effettuate sulla:

Memoria, dove per esempio, la tecnica del “recall attivo” può aiutare i coachee a consolidare le informazioni e le competenze apprese durante le sessioni di coaching.

Apprendimento dove sapere che il cervello umano è programmato per cercare relazioni tra le informazioni, piuttosto che elaborare le informazioni in modo isolato, permette di concettualizzare delle sessioni che incorporano l’elaborazione di informazioni in modo sistemico e organizzato così da facilitare l’apprendimento e la memoria a lungo termine.

Emozioni che sono strettamente connesse alla motivazione e all’apprendimento, e quindi potrebbe essere utile durante le sessioni incorporare elementi emotivi, come la gratificazione, l’entusiasmo e la curiosità, per favorire in modo più efficace  il cambiamento e il raggiungimento degli obiettivi.Coaching e Neuroscienze: l'elaborazione delle informazioni

In generale, a tutto ciò che può essere considerata elaborazione dell’informazione,  intesa come un quadro di riferimento teorico dove la mente intervenire sull’informazione proveniente dagli organi di senso, trasformandola in base agli scopi, alle aspettative ed alle esperienze passate del soggetto.

In conclusione

La conoscenza delle neuroscienze cognitive può portare numerosi benefici alle sessioni di coaching grazie alla comprensione del funzionamento del cervello umano. Questo permette di trovare nuove strategie per aiutare i propri coachee a raggiungere i loro obiettivi in modo più efficace e duraturo.

Se sei un coach professionista interessato a migliorare le tue competenze attraverso le conoscenze neuroscientifiche, iscriviti all’European Neurocoaching Program (ENCP).

Nel corso otterrai la consapevolezza su come l’utilizzo delle neuroscienze cognitive possano portare ad un livello superiore le tue sessioni di coaching, migliorando i risultati dei tuoi clienti e la tua reputazione come professionista.

Il corso prevede, inoltre, l’erogazione di 12 CCE – Continuing Coach Education richiesti ai fini del rinnovo della credenziale ICF.  Clicca qui per scoprire il programma


Letture consigliate:

Riferimenti:

Ochsner, K. N., Ray, R. D., Cooper, J. C., Robertson, E. R., Chopra, S., Gabrieli, J. D., & Gross, J. J. (2004). For better or for worse: neural systems supporting the cognitive down-and up-regulation of negative emotion. Neuroimage, 23(2), 483-499.

 

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